Era l'alba di un nuovo decennio pieno di incognite: l'ingenuità chiassosa dei '60 si spegneva nel fumo delle bombe di piazza Fontana, nelle prime escandescenze terroristiche, nella tensione, più o meno strategica, che sempre più attanagliava il Paese che tuttavia ancora non se ne avvedeva, le giudicava scosse di assestamento e pensava ad altro: a difendere un benessere ancora forte, benché gravido di contraddizioni, di nuove difficoltà; ai successi sportivi, come il secondo posto ai mondiali messicani della Nazionale di Calcio un anno prima, a una nuova definizione di cultura popolare, televisiva. Le mutazioni della società hanno preso a vorticare in modo sempre più convulso e confuso e la produzione di massa, stimolata, obbligata da nuove priorità, da esigenze prepotenti, non può tirarsi indietro: si apre un decennio di modelli destinati a venire consegnati al mito. In particolare, cinquant'anni fa, una sigla che diventa un mondo: la Fiat 127 viene immessa sul mercato nel 1971 come erede della 850, ormai fuori tempo, pensata per adattarsi a un traffico sempre più compresso e insieme dilatato: ci vuole una vetturetta ibrida nei gusti e nelle possibilità, un po' cittadina un po' avventuriera, capace di cavarsela in ogni contesto. Ed eccola.
Rispetto alla vettura che l'ha preceduta, la 127 rappresenta un passo avanti significativo: il motore avanza e diventa anteriore laterale, la trazione ugualmente si sposta sulle ruote anteriori, il pianale è tutto inedito, le sospensioni seguono lo schema a 4 ruote indipendenti con sospensione anteriore Mc Pherson e posteriori a balestra trasversale. Cosa resta della vecchia, mitica 850? Il il motore a 4 cilindri con albero a camme laterale e distribuzione ad aste e bilancieri, montato nella versione da 903 cm³ della 850 Sport Coupé, ma depotenziato a 47 CV erogati a 6200 giri/min. e con una coppia max di 6,3 kgm. a 3500 giri/min.
Come spesso accade, il modello è anche la risultante di tentativi, esperimenti già testati su altri prototipi; in particolare la Autobianchi A112, uscita un paio d'anni prima e destinata a feroce concorrenza con la 127; quest'ultima comunque segna nuovi risultati in termini di comfort e spazio. È una utilitaria per comodità, che offre soluzioni polivamenti. Già il bagagliaio è più capiente (365 dm³), consente viaggi di media distanza. L'interno è pensato con raziocinio, essenziale negli arredi, ma concepito sull'idea della mobilità per la famiglia standard di 4 elementi. Lo stile si deve a Pio Manzù, figlio di Giacomo, lo scultore, scomparso prematuramente, e di Rodolfo Bonetto (nipote del pilota Felice).
La 127 è nata per spostarsi. Non solo in città. La sua tenuta è apprezzabile, le prestazioni notevoli, la velocità massima supera i 140 km/h a fronte di consumi contenuti. Affidabili, poi, il cambio a 4 rapporti e l'impianto frenante con freni a discoanteriori e a tamburo posteriori.
Con simili presupposti, il successo non può non arrivare e difatti arriva, già nell'anno di nascita: Auto dell'anno e inizio di un cammino di record, di nuove versioni, di un ciclo che nel 1974 segna il milione di veicoli prodotti (cinque nel 1981) e quindi venduti davvero in tutto il mondo. Poi verranno le Panda, le Uno, le Ritmo, ma è già un altra decade, e un'altra storia.
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