martedì 30 marzo 2021

LA "127", UN NUMERO PER UN'EPOCA

 


Era l'alba di un nuovo decennio pieno di incognite: l'ingenuità chiassosa dei '60 si spegneva nel fumo delle bombe di piazza Fontana, nelle prime escandescenze terroristiche, nella tensione, più o meno strategica, che sempre più attanagliava il Paese che tuttavia ancora non se ne avvedeva, le giudicava scosse di assestamento e pensava ad altro: a difendere un benessere ancora forte, benché gravido di contraddizioni, di nuove difficoltà; ai successi sportivi, come il secondo posto ai mondiali messicani della Nazionale di Calcio un anno prima, a una nuova definizione di cultura popolare, televisiva. Le mutazioni della società hanno preso a vorticare in modo sempre più convulso e confuso e la produzione di massa, stimolata, obbligata da nuove priorità, da esigenze prepotenti, non può tirarsi indietro: si apre un decennio di modelli destinati a venire consegnati al mito. In particolare, cinquant'anni fa, una sigla che diventa un mondo: la Fiat 127 viene immessa sul mercato nel 1971 come erede della 850, ormai fuori tempo, pensata per adattarsi a un traffico sempre più compresso e insieme dilatato: ci vuole una vetturetta ibrida nei gusti e nelle possibilità, un po' cittadina un po' avventuriera, capace di cavarsela in ogni contesto. Ed eccola.

Rispetto alla vettura che l'ha preceduta, la 127 rappresenta un passo avanti significativo: il motore avanza e diventa anteriore laterale, la trazione ugualmente si sposta sulle ruote anteriori, il pianale è tutto inedito, le sospensioni seguono lo schema a 4 ruote indipendenti con sospensione anteriore Mc Pherson e posteriori a balestra trasversale. Cosa resta della vecchia, mitica 850? Il il motore a 4 cilindri con albero a camme laterale e distribuzione ad aste e bilancieri, montato nella versione da 903 cm³ della 850 Sport Coupé, ma depotenziato a 47 CV erogati a 6200 giri/min. e con una coppia max di 6,3 kgm. a 3500 giri/min.

Come spesso accade, il modello è anche la risultante di tentativi, esperimenti già testati su altri prototipi; in particolare la Autobianchi A112, uscita un paio d'anni prima e destinata a feroce concorrenza con la 127; quest'ultima comunque segna nuovi risultati in termini di comfort e spazio. È una utilitaria per comodità, che offre soluzioni polivamenti. Già il bagagliaio è più capiente (365 dm³), consente viaggi di media distanza. L'interno è pensato con raziocinio, essenziale negli arredi, ma concepito sull'idea della mobilità per la famiglia standard di 4 elementi. Lo stile si deve a Pio Manzù, figlio di Giacomo, lo scultore, scomparso prematuramente, e di Rodolfo Bonetto (nipote del pilota Felice).

La 127 è nata per spostarsi. Non solo in città. La sua tenuta è apprezzabile, le prestazioni notevoli, la velocità massima supera i 140 km/h a fronte di consumi contenuti. Affidabili, poi, il cambio a 4 rapporti e l'impianto frenante con freni a discoanteriori e a tamburo posteriori.

Con simili presupposti, il successo non può non arrivare e difatti arriva, già nell'anno di nascita: Auto dell'anno e inizio di un cammino di record, di nuove versioni, di un ciclo che nel 1974 segna il milione di veicoli prodotti (cinque nel 1981) e quindi venduti davvero in tutto il mondo. Poi verranno le Panda, le Uno, le Ritmo, ma è già un altra decade, e un'altra storia.

venerdì 19 marzo 2021

GUZZI, UN SECOLO ITALIANO

 


15 marzo 1921 non è il titolo di una canzone di Lucio Dalla ma è lo stesso un genetliaco, quello dell'Italia, la serva Italia ieri di dolore oggi dell'Unione Europea ostello, cui rimangono solo le patrie memorie e poco altro. Nelle memorie e nel resto c'è qualcosa di grande, si chiama Guzzi, il suono della moto. Fondata in uno studio notarile di Genova un secolo fa, e oggi sempre in sella a far correre i sogni degli italiani. Davanti al notaio Paolo Cassanello stanno in due nella foto seppiata: il fondatore, Giorgio Guzzi, e il finanziatore e armatore ligure Vittorio Parodi. La Grande Guerra è finita, si può procedere con la Società Anonima Moto Guzzi: l'intrapresa è dedicata al comune amico, partner mancato Giovanni Ravelli, mancato poco prima. Era un militare della Regia Marina, l'Aquila che farà la storia del motociclismo nazionale è pensata in suo ricordo, in suo onore.

La Storia, con la maiuscola. Un secolo di imprese. Nel '28 Giuseppe, fratello di Giorgio, porta una Norge GT 500 fino al Circolo Polare Artico. Comincia, prestissimo, anche la grande stagione dei trionfi sportivi, la Targa Florio già all'esordio, i 14 Mondiali di Velocità, gli 11 trionfi al Tourist Trophy, Guzzi vince moltissimo fino al 1957 quando si ritira dalle competizioni, fedele alla filosofia del lasciare quando si è in cima. Ma la strada non finisce mai, ricerca, sviluppo, tecnologia, rincorsa del tempo, spesso e volentieri sorpassandolo, non si spengono mai, Guzzi, per dire, è la prima a realizzare la galleria del vento nel 1950 e lo scrupolo di ogni fase del processo ideativo, produttivo, diventa leggendario.

I primi decenni i modelli hanno spesso addosso nomi di uccelli: l’Airone 250 del 1939, il Galletto del 1950, che contribuì alla motorizzazione di massa nel dopoguerra. Poi il Cardellino, che fu per dieci anni la moto più venduta d’Europa, il mitico Falcone, prodotto dal 1950 al 1967, la Lodola 175 del 1956. Progettisti che si chiamano Umberto Todero, Enrico Cantoni, Giulio Cesare Carcano, ingegnere lombardo che concepisce la fenomenale 8 cilindri: arrivava a sfiorare i 300 km all'ora. Moto leggere, come il il Dingo, la Stornello, moto monstre che montano il proverbiale 2 cilindri: V7 Special, V7 Sport, California, Le Mans, modelli che mettono in riga i giovani scalpitanti americani e asiatici. Tutto parte sempre da Mondello del Lario, Guzzi resta incatenata alle sue radici operative, un secolo di Storia si legge anche così, la casa italiana non è mai stata tentata da avventure esotiche, delocalizzazioni spericolate. che non aveva certo paura di incrociare il fioretto con le più cattive giapponesi. Ancora la V7 e V9 nelle versioni Roamer e Bobber, l'enduro V85TT per infiniti tragitti e già si annuncia la nuova versione 2021.

Guzzi resta testa e cuore a Mondello ma arriva in tutto il mondo, in America, per il pubblico e però adottata anche dalle polizie statunitensi, così come a Berlino e altrove in Europa, in Giordania, in Estremo Oriente, dove la studiano per tentare di far meglio. Italiana come nessuna, è la due ruote ufficiale dei Corazzieri del Presidente.

Dal prototipo del 1919, la G. P. 500, che precede addirittura la fondazione, all'esordio della Normale come primo modello della produzione di serie nello stesso 1921, fino all'ultima Super Naked in arrivo, oltre 50 modelli in una infinità di versioni diverse.

Come una rockstar, il marchio dell'Aquila ha le sue stagioni gloriose ed altre più dure, la proprietà sbanda, va in testacoda, passa alla Seimm nel 1967, viene ceduta nel 1973, al Gruppo de Tomaso, finisce nel 1996 alla Finprogetti e nel 2000 all’Aprilia di Ivano Beggio. Chi la vuole l'Aquila che fatica a volare? A fine 2004 viene acquisita da Piaggio tramite il presidente Roberto Colaninno, e da fiore all'occhiello del gruppo di Pontedera si appresta a celebrare il suo Secolo Italiano all'insegna de “Il coraggio di andare oltre”, titolo del docufilm che riassume la grande avventura della casa lariana appena presentato dall'ASI in streaming a sancire l'inizio di un anno di festeggiamenti, compatibilmente con le condizioni che da un anno ci strangolano. Fra retrospettive, celebrazioni, convegni, i guzzisti si troveranno ovviamente a Mondello, provenienti da tutto il mondo, da tutti i club Guzzi del mondo (oltre 50 solo negli Stati Uniti), dal 9 al 12 settembre prossimi. Lockdown permettendo, è chiaro. Ma quale modo migliore di evadere dalla prigionia che in sella a un'Aquila italiana sempre in gara con la Storia?

venerdì 12 marzo 2021

FERMANO ZONA ROSSA, IL CAMPE NON SI FERMA

 Carissimi tutti,

a quanto pare il governo nuovo non è diverso da quello che l'ha preceduto e insiste nella discussa e forse discutibile strategia del tutto chiuso. Siamo tutti costernati, anche perché non si riesce a intravedere una via d'uscita e il tanto atteso ritorno ad una normalità possibile si allontana ogni volta che diventa prossimo. Il CAMPE, comunque, resterà aperto anche domani, sabato, data la mole di pratiche e adempimenti che sempre ci insegue e che non è davvero possibile lasciare accumulare. Per il pubblico, la raccomandazione è di raggiungerci, in caso di necessità, con tutte le precauzioni del caso. Nei prossimi giorni avremo cura di informarvi circa i prossimi sviluppi, ovvero su quanto ci sarà possibile fare. Nel frattempo, un caloroso augurio a tutti e un invito a non disperare e a non perdere la speranza: prima o poi, dovremo pure tornare alla libertà di vivere e di difendere questa nostra indomabile passione per il motorismo storico. 

Il CAMPE

martedì 2 marzo 2021

CON LA PANDEMIA LE AUTO STORICHE "VALGONO" DI PIU'


 

Carissimi tutti,

l'assurda situazione che stiamo vivendo, la chiusura totale di pressoché ogni attività con la conseguente distruzione di interi comportati produttivi, commerciali e perfino legati alla cultura, finisce per comportare dinamiche, effetti anche sorprendenti. Un passaggio di povertà indotta tale da ridefinire la distribuzione della ricchezza (o di quella che ne resta) fa sì che anche i canali di investimento escano riletti in modo a volte sorprendenti. Così, assistiamo - è notizia di oggi - ad un inusitato rilancio delle auto storiche in chiave di valore; in sostanza, i modelli storici diventano un bene-rifugio e le loro quotazioni risultano in clamoroso rialzo: chi può, investe in auto d'epoca e i proprietari si ritrovano, in misura del prestigio del veicolo, con un capitale moltiplicato. 

Non è una svolta solo economica e non va considerata solo come squisitamente economica: sta a significare quanto da sempre sosteniamo noi appassionati e cioè che i modelli di due e quattro ruote capaci di testimoniare il Novecento, la storia prodigiosa della tecnica e del design, delle innovazioni, delle evoluzioni del gusto, è una dimensione tutta speciale in cui ricchezza e cultura si fondono; dove la storia diventa, in tutti i sensi, valore aggiunto. Le auto storiche, vogliamo dire, conservano ed anzi incrementano col tempo una valenza che si assume come somma di tante istanze: è il racconto di un tratto importante, drammatico, esaltante della nostra vita sociale e individuale, comunque della nostra collettività italiana ed europea. Chi possiede uno o più veicoli che parlano del tempo, con addosso la vernice del tempo, si ritrova a condurre un momento unico e, quando è a bordo, in tanti modi a riviverlo. Non è solo un gioco, un passatempo per signori nostalgici e un po' snob: è una piccola ma fondamentale missione quella di far circolare un'epoca, di tenerla in vita. Ed è vita vera e fantastica, di ogni giorno e di cinema, di sogni e, per qualcuno, di invidiata realtà. Comunque vita, che rivendica il suo ruolo nella memoria.

Resta ancora da considerare l'importanza di carrozzerie irripetibili per linea, qualità, genialità, cui lo scorrere del tempo conferisce infine l'aura del mito: dell'eternità. Ecco, quando noi siamo a bordo, stiamo viaggiando sulle ruote dell'eternità. 

Che poi le dinamiche della ricchezza ne prendano atto, moltiplicando il valore economico di quei pezzi di eternità, è considerazione che può farci piacere, ma che non è mai stata fondamentale per noi. C'è troppo di tutto in queste automobili, ed è un tutto che resta, deve restare nonostante lo scorrere delle stagioni che non aspetta. La nostra, in fondo, è una lotta infinita contro la ruggine del tempo.