La protesta dei trattori che si espande per tutto il continente non è solo una faccenda di benzine, di sussidi e se il governo, quale che sia, pensa di cavarsela con qualche erogazione di sussidi, tanti o pochi che siano, si sbaglia di grosso. Dentro i trattori ci stanno gli agricoltori e gli agricoltori sono uomini, gente che ce l’ha con l’Unione Europea per la semplicissima ragione che se ne sente minacciata. Con ogni ragione perché le misure di Bruxelles sono evidentemente punitive, al limite della provocazione. Si punta a cancellare l’agricoltura per sostituirla con surrogati di laboratorio, a eliminare l’allevamento in virtù delle carni finte, sintetiche prodotte da Bill Gates, lo stesso che dopo l’informatica ha investito in vaccini e poi in finanziamenti dei grandi organismi sovranazionali e transnazionali come l’OMS, di cui è il primo sovvenzionatore e dal quale si attende, in cambio, misure planetarie adatte ad imporre nuovi vaccini e le sue carni finte. Nella pressoché totale inerzia dei singoli governi e dei partiti che vorrebbero, a parole, contrastare l’azione perversa dell’Europa. La protesta degli agricoltori ha a che fare con la loro stessa sopravvivenza e segue quella dei balneari, dei possessori di una normalissima caldaia da riscaldamento, dei proprietari di un’automobile come Dio comanda. Qui si viene al punto: dai trattori alle auto, uccidere quelli per sterminare queste. Ma l’auto elettrica, come non era difficile prevedere, era un business fasullo come il resto dell’Agenda 2030 e si è già sgonfiato: anche sotto il ricatto europeo delle leggi punitive, dei 30 all’ora nelle città, della propaganda martellante, degli aiuti di Stato promessi ma già esauriti, il pubblico ha continuato a diffidare dei veicoli a elettricità, queste auto non-auto, e li ha mollati. Il pubblico, che poi è fatto di quelli che la mattina si alzano per andare verso il mestiere della fatica quotidiana, non ha il polso, l’esperienza di Akio Toyoda, gran capo della nipponica Toyota di cui si registra l’attuale scetticismo, in realtà partito già da due anni: l’elettrico è finto, costa troppo, non rende, è complicato, non è sicuro e non sfonderà mai sul mercato. Toyoda aveva ragione, come si constata oggi, e i 440 milioni in Europa, più i 350 degli Stati Uniti, si sono già stufati, per non dire subito. Certo, gioca l’assurda strategia di un’Europa che, più che mai camera di compensazione della Finanza e della Grande Industria, vuole introdurre soluzioni irragionevoli dall’oggi al domani e per giunta senza le condizioni, senza le strutture adatte almeno a renderle praticabili. Chi possiede un’auto elettrica deve calcolare ogni giorno almeno tre ore di tempo extra per caricarla, il che vuol dire perdere la buona parte della giornata lavorativa. Impegni di un’ora, mezz’ora richiedono una preparazione alla colonnina di ore. Sempre a trovarla, e sempre che non sia occupata. Ma non c’è solo questo, c’è la saturazione, c’è il bombardamento ossessivo, il ricatto morale che, a lungo andare, esaspera e sortisce l’effetto opposto. Vendere l’elettrico come una guerra, una carne fatta con gli algoritmi, un sesso à la carte, non è qualcosa che la mente collettiva possa assorbire.
Dai politici, quasi nessuna reazione; qualcuno c'è, ma pochissimi, che ancora dall’interno dell’Unione si ostina a difendere l’auto tradizionale e in particolare l’auto storica quale patrimonio della cultura e dell’industria italiana: una è la giovane europarlamentare leghista Isabella Tovaglieri, schieratasi più volte contro lo stop ai motori endotermici dal 2035 in quanto "contro gli interessi del paese" e volto alla "distruzione dell’industria automobilistica italiana e di tutta la filiera automotive". Forte sostenitrice del comparto automotive italiano, la eurodeputata di Busto Arsizio si è anche espressa in più occasioni a difesa e tutela delle auto storiche, ritenute "una ricchezza", con tanto di discorso a difesa dei veicoli classici nell'aula plenaria di Strasburgo. Tra le altre iniziative in tema, una petizione a difesa del valore storico della Vespa lanciata dal Vespa club Italia, per renderla patrimonio culturale italiano. Ma voci come la sua chiamano in un deserto di indifferenza e di opportunismo. Altri, come in passato Renzi, su mandato della UE avevano fortemente intaccato gli sgravi fiscali (poi parzialmente recuperati) per le auto storiche, mostrando un totale disinteresse per l’intero comparto. Noi del CAMPE, come club e come artefici di una manifestazione quale Moda e Motori, non ci siamo limitati a promuovere il motorismo d’epoca come un interesse o una attitudine, proprio perché ci è stato chiaro dall’inizio che questa nostra passione andava difesa nell’ottica di un valore condiviso, un valore che veniva sempre più minacciato da forze esterne. Oggi possiamo dire non solo di avere visto giusto, con larga visione d’anticipo, ma anche di avere protratto la nostra piccola battaglia all’insegna della coerenza contro un disegno molto più ampio di un bollo agevolato o un sussidio sulle benzine. Dalle auto storiche ai trattori, dal design alla moda alla terra, è la nostra tradizione, la nostra storia, non meno che il nostro futuro, ad essere in gioco, in un modo perfino drammatico.
IL CAMPE
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