Fu un evento epocale perché l'era del turbo di massa era cominciata. “Mirafiori decise di sfruttare il potenziale del motore 1.301 derivato da quello della 128 con l’aggiunta di turbocompressore, iniezione elettronica Bosch, accensione digitale Magneti Marelli, e cambio a cinque marce preso a prestito, nella prima versione, dalla Ritmo 105TC. Con risultati da record: 105 cavalli, 200 km/h di velocità massima e 8,3 secondi nello 0 a 100 Km/h, in un corpo vettura di soli 845 kg. Quando uscì la Fiat Uno Turbo il sogno era finalmente a portata di mano. Tanti i dettagli che rendevano la Fiat Uno Turbo i.e. unica rispetto alla versione meno corsaiola: dai paraurti del frontale con fendinebbia integrati, alle prese d’aria per il raffreddamento dell’intercooler e dell’olio, alle minigonne lungo la fiancata, mentre al posteriore era arricchito da un portellone con spoiler in vetroresina e scarico cromato dalla forma schiacciata per un sound più profondo. Nell’abitacolo, velluto nero decorato con le cinque barrette rosse del logo Fiat, moquette rossa, cinture nere, volante a quattro razze, e un orologio digitale a cristalli liquidi rossi. Nel 1986 il primo aggiornamento introduce nuovi colori, mascherina e specchietti in tinta, strisce adesive “Turbo i.e.” lungo le fiancate, e il debutto di un cruscotto digitale verde più leggibile; mentre con il restyling del 1987 viene introdotto il rivoluzionario sistema antibloccaggio sulle ruote anteriori. La seconda serie della Fiat Uno Turbo, arrivata tre anni dopo, ha una estetica più sobria, con paraurti con filo rosso, spoiler integrato, nuovi cerchi a quattro razze, interni più ergonomici, sedili a quadretti neri e grigi, e il volante Momo in pelle. Il motore cresce a 1.372 cc, la turbina diventa una Garrett T2, la potenza sale a 116 cv e l’auto scatta da 0 a 100 km/h in 7,7 secondi. Rimane in listino anche la versione catalizzata, con 112 cv per rispettare la direttiva Euro 1, affiancata dalla Racing più sportiva, riconoscibile per i dettagli in tinta, la scritta in corsivo e l’equipaggiamento full optional”.
Come a dire che negli anni Ottanta, appena ieri in fondo, ricerca era ancora simbolo di rivoluzione, di fatto epocale, senza avventuristiche escursioni in tecnologie ancora immature, come l'elettrico, ma restando ancorati alla logica del motore endotermico. Fiat veniva da periodi controversi, di grandi scommesse ma anche di grandi crisi, sia legate alla fase terroristica che si riverberava sull'azienda, sia ad un ritorno produttivo non facile. Il colosso torinese restava nelle mani dell'avvocato Agnelli, che muovendosi da magnate e da uomo di relazioni pubbliche di lusso, riuscì a svolgere un ruolo cruciale, prima ed oltre a quello dei manager delle varie divisioni operative, nel salvare l'azienda. Oggi quella sperimentazione nel solco della continuità sembra una dimensione perduta, quasi mitologica; e invece occorre recuperarla affinché non solo l'auto storica, ma la stessa concezione dell'automotive non vada definitivamente perduta.
Il CAMPE
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