
Il Corriere, nella rubrica “Corriere
Motori”, si accorge di un anniversario di pregio: il quarantesimo
anniversario della Uno Turbo, “la sportiva da qui in poi citiamo
letteralmente dalla fonte - travestita da utilitaria simbolo degli
Anni 80 e dei sogni accessibili. Prodotta dal 1985 al 1994 in 50 mila
esemplari, è oggi una delle youngtimer più ricercate e rimane una
pietra miliare nella storia della casa torinese, introducendo il
turbo nel segmento B e sfidando concorrenti agguerrite come la Golf
GTI e la Peugeot 205 GTI. La prima serie montava un motore 1.3 turbo
da 105 cv a raggiungeva una velocità massima di 200 km/h e 0-100 in
8,3 secondi, mentre la seconda serie, uscita nel 1989, con un design
più sobrio e interni più curati, aveva una cilindrata aumentata a
1.372 cc, una nuova turbina, e una potenza che arrivava 116 cv, con
scatto 1- 100 in 7,7 secondi. Un’auto «spaziale» a tutti gli
effetti, che diventa l’emblema degli anni ’80 e del sogno
automobilistico alla portata di tutti”.
Fu un evento epocale perché l'era del
turbo di massa era cominciata. “Mirafiori decise di sfruttare il
potenziale del motore 1.301 derivato da quello della 128 con
l’aggiunta di turbocompressore, iniezione elettronica Bosch,
accensione digitale Magneti Marelli, e cambio a cinque marce preso a
prestito, nella prima versione, dalla Ritmo 105TC. Con risultati da
record: 105 cavalli, 200 km/h di velocità massima e 8,3 secondi
nello 0 a 100 Km/h, in un corpo vettura di soli 845 kg. Quando uscì
la Fiat Uno Turbo il sogno era finalmente a portata di mano. Tanti i
dettagli che rendevano la Fiat Uno Turbo i.e. unica rispetto alla
versione meno corsaiola: dai paraurti del frontale con fendinebbia
integrati, alle prese d’aria per il raffreddamento dell’intercooler
e dell’olio, alle minigonne lungo la fiancata, mentre al posteriore
era arricchito da un portellone con spoiler in vetroresina e scarico
cromato dalla forma schiacciata per un sound più profondo.
Nell’abitacolo, velluto nero decorato con le cinque barrette rosse
del logo Fiat, moquette rossa, cinture nere, volante a quattro razze,
e un orologio digitale a cristalli liquidi rossi. Nel 1986 il primo
aggiornamento introduce nuovi colori, mascherina e specchietti in
tinta, strisce adesive “Turbo i.e.” lungo le fiancate, e il
debutto di un cruscotto digitale verde più leggibile; mentre con il
restyling del 1987 viene introdotto il rivoluzionario sistema
antibloccaggio sulle ruote anteriori. La seconda serie della Fiat Uno
Turbo, arrivata tre anni dopo, ha una estetica più sobria, con
paraurti con filo rosso, spoiler integrato, nuovi cerchi a quattro
razze, interni più ergonomici, sedili a quadretti neri e grigi, e il
volante Momo in pelle. Il motore cresce a 1.372 cc, la turbina
diventa una Garrett T2, la potenza sale a 116 cv e l’auto scatta da
0 a 100 km/h in 7,7 secondi. Rimane in listino anche la versione
catalizzata, con 112 cv per rispettare la direttiva Euro 1,
affiancata dalla Racing più sportiva, riconoscibile per i dettagli
in tinta, la scritta in corsivo e l’equipaggiamento full optional”.
Come a dire che negli anni Ottanta,
appena ieri in fondo, ricerca era ancora simbolo di rivoluzione, di
fatto epocale, senza avventuristiche escursioni in tecnologie ancora
immature, come l'elettrico, ma restando ancorati alla logica del
motore endotermico. Fiat veniva da periodi controversi, di grandi
scommesse ma anche di grandi crisi, sia legate alla fase terroristica
che si riverberava sull'azienda, sia ad un ritorno produttivo non
facile. Il colosso torinese restava nelle mani dell'avvocato Agnelli,
che muovendosi da magnate e da uomo di relazioni pubbliche di lusso,
riuscì a svolgere un ruolo cruciale, prima ed oltre a quello dei
manager delle varie divisioni operative, nel salvare l'azienda. Oggi
quella sperimentazione nel solco della continuità sembra una
dimensione perduta, quasi mitologica; e invece occorre recuperarla
affinché non solo l'auto storica, ma la stessa concezione
dell'automotive non vada definitivamente perduta.
Il CAMPE