martedì 20 aprile 2021

LUCI ED OMBRE DELL'AUTO ELETTRICA

 


Se ad un programma domenicale di motorismo senti parlare di auto ibride, ultima tendenza del mercato simile a un diktat, tu che fai? Ti fermi ad ascoltare, per cercare di capire. E al programma televisivo, dopo avere cantato le magnifiche sorti e progressive delle vetture che verranno, anzi che sono già qui, a un certo punto debbono però ammettere che “l'elettrico stenta”. Oh bella, te lo propongono in tutte le salse, arrivano a dirti che salverà il pianeta, che se non lo adotti, subito, adesso, sei un terrorista dell'ambiente, eppure stenta? Sì, perché, malgrado “gli incentivi fino a 10mila euro, i costi restano altissimi”, in sostanza per salvare la terra devi ammazzarti tu. O, per dirla in modo più pratico, essere politicamente corretti è un lusso, il silenzio pulito dell'elettrico, ma sarà poi tutto quel pulito?, se lo possono permettere ancora in pochi. Troppo pochi.

Occorre “farsi due conti”, dice la trasmissione. E se ti fai due conti, capisci subito che non ce la fai. Specie in questi tempi di pandemia economica, con le attività che chiudono a decine, a centinaia di migliaia e i ristori o ritorni arrivano poco e male mentre tasse, gabelle, imposte arrivano subito, inesorabili, e senza scampo: devi pagarle, se no l'Agenzia delle Entrate si scatena come se non ci fosse un domani. Difatti non c'è, se paghi tutto a domani non ci arrivi, altro che auto elettrica.

“Le postazioni per le ricariche sono ancora poche”, ci fa sapere la trasmissione; informazione a dire il vero pleonastica perché basta girare per vedere, anzi non vedere, le stazioni di rifornimento elettrico. Certo, si continuano a promettere più postazioni, ma per il momento la situazione ricorda quella dei vaccini: arriveranno, certamente, ma la settimana prossima. C'è poi da risolvere l'inconveniente dei tempi di ricarica, ancora troppo lunghi e a questo dovrebbe ovviare un nuovo scatto produttivo basato su modelli di batterie a ioni di litio con tecnologia che sfrutta il silicio anziché la grafite. Interessanti esperimenti sono in atto in Israele, ma si tratta ancora di fasi sperimentali: le auto finora immesse commercio mantengono. Ovviamente, tutto il disagio di una ricarica lenta.

Quello che non si dice, invece, è che l'elettrico, gira che ti rigira, ancora dipende dalle fonti tradizionali, quelle inquinanti: la questione è quantomeno controversa, se è vero che ancora lo scorso dicembre il CEO di Toyota Akio Toyoda ha criticato l'eccessiva spinta verso la transizione elettro-green affermando che chi sostiene l'elettrificazione di massa del traffico stradale non ha considerato il carbonio emesso dalla generazione di elettricità oltre ai costi massicci. “Una rivoluzione da centinaia di miliardi di euro che lascerebbe il Giappone senza elettricità”. In altri termini, con una riconversione troppo accelerata il Paese rimarrebbe senza elettricità in estate se tutte le auto funzionassero con energia elettrica, senza contare che l'infrastruttura necessaria per supportare una mobilità composta esclusivamente da veicoli elettrici costerebbe al Giappone tra i 14 e i 37 trilioni di Yen, vale a dire tra i 110 miliardi e i 290 miliardi di euro. Toyoda ha aggiunto che i veicoli elettrici a batteria sono più inquinanti dei veicoli a benzina a causa della produzione di elettricità, ancora fortemente legata ai combustibili fossili, che produce emissioni nocive e tutt'altro che 'carbon neutral'. “Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica” ha detto infatti il boss di Toyota obiettando che le emissioni totali di CO2 di un'auto elettrica sono quasi il doppio rispetto a quelle generate per la fabbricazione di un'auto termica o ibrida.

Affermazioni che hanno scatenato, comprensibilmente, un vespaio, e che sono state aspramente confutate da studi ed esperti, nessuno dei quali, tuttavia, ha potuto mettere un punto definitivo alla controversia. Quello che comunque sembra acquisito è che per non intossicare devi intossicare, però da ricco, da elettrico, è più accettabile e pazienza se quell'immenso continente a se stante che è la Cina apre centrali a carbone a raffica, all'insegna del realismo: elettrifichiamo tutto, però intanto premuniamoci e se il pianeta scoppia saranno affari di Greta (la quale si guarda bene dall'attaccare il Partito Unico e il sistema del Dragone, è molto più facile e redditizio far ricadere tutte le colpe sull'Occidente che ha reso lei, ragazzina scioperata e ignorante, milionaria). L'energia prodigiosa che non lascia scorie non esiste, non si dà in natura, lo stesso atomo, criminalizzato in modo delirante, non è senza scarti, sono le leggi dell'entropia e l'elettricità non fa eccezione, non si crea dal nulla e non ritorna al nulla. Le stesse batterie elettriche, giunte a fine ciclo, presentano un serio problema di smaltimento, non molto diverso da quelle dei dispositivi elettronici. Così è la natura, e la tecnologia, per quanto avanzata, non può cambiare la natura.

La morale del programma, alla fine, è la seguente: “L'elettrico è ancora un mercato per ricchi”. Cosa anche questa ampiamente risaputa, tanto per non dire che a questo punto, nella povertà di ritorno globale, l'auto elettrica resta più di prima giocattolo per pochi. Tecnologico, sofisticato, ma di pochi. Ma non importa, in chiusura arriva la stoccata: “il parco macchine in Italia è vecchio”. E con ciò? Dovremmo dunque sentirci in colpa? Vergognarci dei nostri catorci? Tanto più se “non è ancora certo che gli incentivi resteranno”, il che traduce la garanzia opposta? Per farci l'auto elettrica dobbiamo vendere la casa?

Questo lo stato dell'arte e allora dovremo dire che il progresso, per carità, è una così bella faccenda ed è comunque inarrestabile: ciò che viene scoperto, che viene inventato si fa, magari non avrà successo all'inizio ma, con i dovuti aggiustamenti, l'idea verrà tenuta calda e rilanciata fino a che non sfonda. Diciamo allora che la mania elettrica è ancora prematura, che l'accessibilità è in tutti i sensi proibitiva; ma diciamo, anche, che il concetto di obsolescenza nelle automobili va preso con le pinze: tutto invecchia e anche le auto fanno il loro tempo, però ci sono modelli che, fatto il loro tempo, diventano immortali. È il caso delle auto d'epoca, o auto storiche, che da passione si traducono in memoria, da questa in testimonianza, da testimonianza in cultura. Se ci fossimo limitati a liquidare come vecchi e superati tutti i nostri veicoli, oggi nessuno potrebbe riproporre certe carrozzerie mitiche in rassegne, manifestazioni, fiere, mostre, alimentando il circuito del motorismo storico. Un giorno, forse, anche le auto elettriche esauriranno il suo ciclo, sostituite dalle navicelle: chissà se avranno maturato abbastanza carisma per passare alla storia, o se verranno ricordate solo per un tentativo velleitario nell'epoca di un politicamente corretto sempre più fuori dal mondo.

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