Cosa rimarrà di questi
anni '50? La profonda, irresponsabile, irripetibile vitalità di una
generazione un po' tracagnotta, a dirla tutta, con addosso gli stenti
della guerra ma una gran voglia anche di seppellirli sotto al futuro:
in un Paese dove tutto era da ricostruire, spaccato tra i ritardi e
le superstizioni ataviche del Mezzogiorno e l'effervescenza isterica
del Settentrione, niente pareva precluso e (quasi) ogni traguardo si
raggiungeva: scoccavano scintille di genialità. Come fu possibile
racchiudere un mondo, un nuovo mondo, in una scatoletta a 4 ruote? Ma
ci si riuscì: il 2 luglio del 1957 al circolo Sporting di Torino la
Fiat presentava all'Italia e al pianeta la sua “Nuova 500”, per
tutti “la 500” o anche “il Cinquino”. Fu il secondo prodigio
del design industriale dopo la Vespa. Talmente accattivante da
stregare tutti, anche se costava come 13 stipendi di un operaio,
circa 500mila lire. Talmente essenziale da venire subito rimodellata
alla ricerca della forma perfetta, originando sinfonie di variazioni:
Giardinetta, Abarth, Lucertola, Sport, America...
Sessant'anni di 500: li
hanno ricordati tutti, anche noi del CAMPE nell'ultima edizione di "Moda e Motori" lo scorso luglio, con due fantastici modelli usciti insieme in passerella. Le celebrazioni sono state tante, buona ultima l'emissione speciale di una
moneta da 5 euro che sul lato “dritto” raffigura il primo modello
Fiat 500, nato nel 1957, e la versione attualmente in commercio, con
soluzioni stilistiche simili all’omonimo antenato. Sul rovescio una
vettura Fiat 500 con le date 1957 e 2017, rispettivamente anno di
produzione del primo modello e anno di emissione della moneta. Lo
celebriamo anche noi sul blog, questo piccolo immenso annniversario
che ha davvero cambiato la storia d'Italia e degli italiani.
Specifiche ed optional
originali – parliamo appunto del 1957 - di questo ovetto ronzante
fanno sorridere (ma non troppo): due sedili e una panchetta
posteriore, lunga meno di 3 metri, pesa meno di mezza tonnellata,
motore a 2 cilindri raffreddato ad aria, se “tirata” tocca la
vertiginosa velocità di 85 km all'ora e fa quasi 25 chilometri con
un litro di “normale”. Cambio a 4 marce non sincronizzate, ha il
suo bravo tergicristallo ma senza ritorno automatico, i finestrini
laterali sono fissi tranne due deflettori apribili a compasso
(prediletti dai vandali), il riscaldamento usa l’aria di
raffreddamento del motore. Capienza massima del posacenere: 2
mozziconi. Se uno vuole, può montare lo sbrinatore del parabrezza,
le alette parasole e le gomme con fascia bianca, il massimo dello
snob. Un prodigio dell'estetica e della tecnica da quel mostro di
Dante Giacosa, che, segnando il passaggio di consegne con la
“Topolino”, marcava anche il definitivo passaggio tra il Regime
e la democrazia.
Il Cinquino non era una
utilitaria, era una filosofia. Quella dei Fifties all'italiana, meno
gioventù bruciata con la voglia di morire, più gioventù bruciante
con la voglia di esistere. Si lavora, e il travaglio è frenetico, da
formicaio anche duro, spietato, quello delle “Coree”, gli
insediamenti produttivi nel nord del Paese, precari, crudeli, con
troppe morti sul lavoro e scarse garanzie di sicurezza; la faccia
buona della medaglia è quella di un entusiasmo straordinario, di una
ritrovata voglia di sorridere, di affacciarsi al futuro, di “stare
bene”. Eccolo qua il miracolo economico, che porta l'Italia del
dopoguerra a diventare la terza potenza economica al mondo per la sua
espansione prodigiosa. Il Paese dei “Ladri di biciclette” si
trasformerà in quello del “Sorpasso” e della “Dolce Vita”,
che tra le pieghe felliniane nascondeva la disperazione provinciale
di Flaiano.
Italia formato
esportazione: design, tecnologia, maggiorate: Lollobrigida, Loren,
Mangano sono “marchi” famosi quanto Martini, Cinzano, Ferrari.
Fiorivano i benefici effetti del Piano Marshall, i 1600 milioni di
dollari piovuti dagli Stati Uniti (che si prenderanno gli interessi
in sede politica) tra il 1948 e il 1951, ma c'era pure una
generazione nuova di capitani d'industria e di manager formati
nell'ambiente innovativo dell'Iri, creato dal regime fascista negli
anni Trenta. Un ruolo importante lo giocheranno l'entrata dell'Italia
nella Nato, formalmente nel 1952 dopo l'adesione del '48, e la
fondazione della Comunità Economica Europea col trattato di Roma nel
1951; oggi, non c'è partito o movimento che non sia voluto entrare
in Europa diffidandone quando non detestandola.
Si viaggiava, ci si
spostava per tante ragioni e la 500 era il pezzettino di casa
semovente che ci voleva. Milioni di meridionali strappavano le loro
radici emigrando al nord, il cinema diventava il passatempo degli
italiani insieme allo sport, ma ancor più esplodeva la televisione,
inaugurata all'inzio del 1954: un'orgia di intrattenimento garbato,
Musichiere, Lascia o Raddoppia, gli italiani vanno storditi. Ma pure
educati: “Non è mai troppo tardi” insegna a leggere e
soprattutto a parlare in un linguaggio uniforme a parecchi milioni di
italiani senza altre possibilità. “Cari amici vicini e lontani...”
saluta Nunzio Filogamo, ed è già Festival di Sanremo: la prima
edizione, nel '51, la vince Nilla Piazzi con “Grazie dei fiori”,
seguita da se stessa nel '52 con “Vola colomba”.
Il beat pare
anni luce a venire. Il mitico “Carosello” è coetaneo proprio
della 500. E' l'inizio di una modificazione nel costume e nella
società che la stessa Chiesa tenta di arginare, senza troppo
successo: la gente vuole vivere meglio, essere felici non pare più
un'utopia ma un traguardo che si può, si deve raggiungere. Negli
anni Cinquanta molti punti di riferimento s'incrinano, anche se pochi
se ne accorgono; ma basterebbe spiare la moda. Lasciati alle spalle i
sacrifici bellici, le strade si riempivano di gambe che spuntano da
sotto le gonne a ruota, come quelle indossate da Sofia, Brigitte e
Gina; spuntavano i bustini per il celebre “vitino di vespa”, e,
come accessori, quei meravigliosi occhiali “a gatto”, che usava
Marilyn Monroe (eccoli di nuovo, in eterna retrologia). Dall'haute
couture si staccava una corrente più pratica, il pret-à-porter per
il mercato di massa: preludio alle mode spontanee dei giovani e delle
loro tribù, nate proprio negli anni 50 e per ragioni non solo
estetiche: arrivavano gli elettrodomestici che facevano risparmiare
tempo, che così diventava “libero”. Soluzione: abiti molto
pratici, tra Grease e Nando Mericoni. Le ragazze usavano calzini
corti al posto delle calze di nylon e si preparavano ad infilare i
“jeans”, originari di Genova: l'ideale per infilarsi nella 500 e
volar via, al mare o soltanto al parcheggio della megaditta. Comunque
verso un domani perenne.
Di quegli anni '50 targati 500 è
rimasta una profonda, a volte incognita, sempre celeste nostalgia.
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